giovedì 29 aprile 2010

Casal di Principe (Ce): Brogli elettorali alle comunali. La DdA indaga.

Casal Di Principe: Puntuali imbrogli elettorali alle recenti elezioni comunali. La DDA di Napoli indaga.
Puntualmente, la cittadina del casertano tristemente nota alla cronaca per aver dato i natali al clan dei Casalesi, si evidenzia per imbrogli elettorali. Le votazioni al vaglio della Dda (Direzione distrettuale Antimafia) di Napoli, sono le comunali svolte il 17 e 18 Aprile scorsi. L’appuntamento elettorale ha visto, da subito, il reparto provinciale dei Carabinieri impegnato in perquisizioni ai comitati elettorali con la notifica di cinque informazioni di garanzia. Le ipotesi di reato contestate sono: associazione mafiosa (art. 416 bis) e voto di scambio politico-mafioso (art. 416 ter).



I cinque indagati dalla DdA sono: l’assessore uscente al Personale ed alla Cultura, Antonio Corvino, il fratello Demetrio famiglia già nota agli inquirenti per aver ospitato, nel 1990 , il summit camorristico denominato “del giorno di Santa Lucia”.


Indagati inoltre i tre fratelli Ferraro, Sebastiano (neoeletto Consigliere Provinciale nei Popolari UDEUR), Angelo e Roger.


I magistrati della DdA di Napoli, Antonello Ardituro e Francesco Curcio, hanno disposto il sequestro di materiale cartaceo e documentale, presente nelle abitazioni e nei comitati elettorali degli indagati. Sequestrate anche tutte le schede elettorali le quali saranno, nei prossimi giorni, oggetto di perizia grafica per accertare la possibilità di schede votate dalla stessa persona.


Il cliquet è ben conosciuto agli organi di investigazione. Precedentemente l’apertura dei seggi, i rappresentanti di lista, distraggono una quantità di schede bianche che, successivamente, vengono compilate ed affidate a elettori compiacenti. Costoro ritirano la scheda bianca ma “imbucano” quella già votata, consegnando la neutra agli autori dell’imbroglio. In questo modo, la camorra, riesce a controllare il voto degli elettori che si prestano all’illecito.


Altra modalità di imbroglio oggetto di indagini dei Carabinieri, è quella che vede implicati i rappresentanti di lista. Gli stessi, richiedendo ed ottenendo un duplicato della tessera elettorale, si prestano a doppio voto, sia nel seggio di destinazione naturale, che in quello dove svolgono il ruolo di rappresentanti. A questo proposito sono state richieste, al Comune di Casal di Principe, l’elenco completo di tutti i certificati elettorali rilasciati.


Il neoeletto Sindaco, Pasquale Martinelli, appoggiato dall’ UDEUR e dalle liste civiche, relativamente le indagini in corso dichiara -«Mi dicono che ho avuto oltre il 60% dei voti. Sono soddisfatto, è stata una bella esperienza. Le perquisizioni? Non ho nulla da temere, mi ha sostenuto la gente e ne sono felice». Ma, tra i candidati non eletti, in anonimato, c’è già chi avanza seri dubbi sulla trasparenza dell’esito elettorale. Ad essere messo in discussione, il risultato “strabiliante” del partito UDEUR. Il risultato regionale campano, infatti, vede il partito attestarsi con un 3,35% con un picco del 4,74% nella provincia di Caserta. Nella stessa provincia, per le elezioni provinciali, il partito di Mastella ha visto una preferenza del 6,36%. Il dato fuori media, però, lo possiamo riscontrare proprio nel collegio di Casal Di Principe che vede la preferenza “volare” al 26,49% per le votazioni regionali fino, addirittura, al 30,36% per le elezioni provinciali ed il 31,69% per le comunali.


Risultati nettamente superiori alle scorse tornate elettorali che, ricordiamo, videro l’Udeur esprimere alle provinciali di Caserta ed alle regionale in Campania, il 9,91% ed il 20,84%. Alle precedenti comunali, nella stessa Casal di Principe, le preferenze furono quasi la metà, con un 16,28%. (dati del Ministero degli Interni. Ndr.)


Doveroso quindi, per adesso e fino a chiusura indagini, complimentarsi per l’ottimo lavoro svolto dal partito nella provincia casertana che non ha visto eguale miglioramento in alcuna realtà nazionale. Sarebbe forse lecito chiedersi se l’On. Mastella, non debba trarre insegnamento dal lavoro svolto a Casal di Principe, per porre un termine alla inesorabile discesa di preferenze che vede il proprio partito i Popolari Udeur, attestarsi allo 0,54% su base nazionale. Un lenta ed inesorabile perdita di consensi certamente legata alle inchieste giudiziarie pendenti sul leader del partito Clemente Mastella, eurodeputato, e la moglie, Sandra Lonardo, destinataria di un provvedimento di divieto di dimora in Campania legata all’inchiesta “ARPAC”.


Ma sembra che, a Casal di Principe, data la affermazione del partito, sia chiaro il significato di “innocente fino a prova contraria.

Gianpiero Gambardella

martedì 13 aprile 2010

Santa Maria CV: Fuga di giudici dal Tribunale tra i più esposti e laboriosi.


Il tribunale di S. Maria C.V.  trasferisce, su loro domanda, 15 magistrati. Un indebbolimento che mina pesantemente l'attività di contrasto alla Camorra nella provincia di Caserta.
Nei giorni scorsi, il CSM, ha dato esecuzione alle domande di traferimento di 15 magistrati impegnati presso il Tribunale di S.Maria C.V., baluardo nazionale della lotta alla criminalità organizzata.
In un momento delicatissimo dove, quasi quotidianamente, si raccolgono i frutti del superbo lavoro svolto dal nucleo provinciale dell'Arma dei Carabbinieri e dalle forze di polizia locali, la notizia del trasferimento di un così alto numero di magistrati, lede il barlume di luce dato dall'enorme sforzo investigativo che, in questi ultimi anni, sta positivamente alimentando la fiamma della speranza in "Terra di Lavoro".  La speranza di veder districata l'onestà e la laboriosità della provincia, dalle maglie asfissianti della camorra.
Tra i giudici trasferiti, dichiara il procuratore aggiunto a Napoli,  Federico Cafiero de Raho, anche uno dei soltanto tre magistrati che compongono il collegio della Sezione Misure di Prevenzione. I quali, quindi, resteranno in due ad affrontare un lavoro giudiziario immane che, in questo momento, vede tra tanti altri, l'importante processo a carico del gruppo camorristico Setola, che si compone di oltre 50 imputati.
«Si può immaginare - ha concluso il Procuratore aggiunto De Raho- quali saranno le conseguenze nel contrasto alla criminalità. Mentre noi tutti ci muoviamo per contrastare la camorra del Casertano, vi è un indebolimento nelle strutture che devono giudicare notevolissimo ».
Si attende, adesso, l' immediata quanto necessaria reintegrazione delle forze giudicanti perse, obbligandoci, nel contempo, a ricordare quanto il ruolo di magistrato sia una missione, prima di una professione. Una profusione di coraggio ed impegno che ha lastricato  troppo spesso la strada della giustizia, dello STATO,  con la vita di eroi silenti armati unicamente di senso del dovere ed onestà.

mercoledì 7 aprile 2010

Caserta: Continua il defraudante comportamento clientelare dell' ASI .



All'indomani delle elezioni regionali e provinciali a Caserta, emergono i "colpi di mano" dei direttivi uscenti.
E' il caso, questo, del Consorzio A.S.I. (Area Sviluppo Industriale) di Caserta, dove il Presidente, Piero Cappello, ha prorogato con ordinanza datata 29 Marzo (data stranamente appena antecedente l'apertura delle urne) l'inicarico di Direttore ad Alfredo Carrino.
La fretta con la quale si è proceduto alla proroga in vista degli imminenti cambiamenti nel quadro direttivo di enti e consorzi con l'elezione maggioritaria del centro destra a spodestare l'ultradecennale egemonia della sinistra di Bassolino,  diviene sospetta alla luce dei profondi screzi passati  accorsi tra il Consorzio e Carrino stesso.
Per porre termine all'annoso contenzioso fu deciso, a titolo transattivo, il pagamento della somma di Euro 240.000,00 oltre alla corresponsione dello stipendio mensile pattuito e dei relativi contributi, a patto che il rapporto lavorativo tra Carrino e l'ente dovesse risolversi consensualmente entro l'anno 2009.
Invece l'ordinanza di riconferma emessa, tempisticamente perfetta, lascia spazio a facili, quanto probabili,  interpretazioni  . A dar voce a questa lettura dei fatti, il rieletto Consigliere regionale Angelo Polverino, primo eletto della provincia di Caserta, il quale pubblicamente, denuncia il comportamento del Presidente ASI Cappello, reo di favorire il direttore Carrino per rafforzare la propria posizione all'interno dell'ente.

Chiare le parole dell' On. Polverino:
 "E’ vero che all’Asi tutto è possibile - prosegue - , ma non è chiara la posizione del dirigente rispetto ad un pregresso che deve necessariamente essere chiarito".

Un uso clientelare del Consorzio di Sviluppo Industriale, mezzo di attuazione di interessi privati, più che strumento di sviluppo e sostegno  per le imprese ed i lavoratori. Un "cliquet" questo, che in dieci anni ha prodotto garanzia al mantenimento delle "poltrone" per i dirigenti e gli amici, comprimendo l'economia di Terra di Lavoro e privando le aziende e i cittadini di una importante risorsa di sviluppo.
Una dichiarazione, questa, diretta alla nuova Regione Campania, guidata da Caldoro, perchè intervenga immediatamente sull' ASI. 

lunedì 15 marzo 2010

Il 1° Aprile nasce intrapartito di Fini, Generazione Italia: ma non è uno scherzo al "Cavaliere".

Nasce Generazione Italia, che chiama a raccolta tutti i "finiani" della politica e dell'istituzione. Il PDL inizia una irrefrenabile scissione?
Ormai è ufficiale. Nasce una "iniziativa politica" interna al Polo delle Libertà, ma fedele al Presidente della Camera Gianfranco Fini. A farne da gestore, il vicepresidente dei deputati PDL, e fedelissimo finiano, Italo Bocchino.
Generazione Italia, è questo il nome scelto per quella che, con notevole affanno, si tenta di far passare per una "innocua" iniziativa politica, volta a diffondere "l'ideale" tra le file politiche del PDL, ma che assurge a chiari connotati di scisma. 
Ironica anche la data scelta per la presentazione agli organi politici e di informazione: il primo di Aprile. Un gradevole tiro mancino al Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi anche se, ci tengono a precisare, non sarà uno scherzo. 
Ed in effetti c'è molto poco da scerzarci su questo scisma che coinvolge le due correnti forti del primo partito del panorama politico italiano. Ormai da tempo, i due protagonisti del centro destra, Fini e Berlusconi, fedeli al canovaccio delle coppie separate in casa, si tirano piatti e bicchieri e litigano a suon di comunicati stampa che vedono il "gianfrancone nazionale" sempre più defilato in posizioni centriste, ed il "cavaliere" sempre meno convinto della "comunione" con AN.
Il proposito di GI sembra una decisa risposta speculare ai "Promotori della Libertà" iniziativa voluta dal premier, con a capo la Brambilla ma che, diversamente da questa, non dialoga con i movimenti, ma direttamente con la classe politica e con il territorio.
Insomma, per strutturazione ed organizzazione, questo "movimento" voluto da Fini, sembra proprio assumere i caratteri di un neonatale partito moderato, l'apoteosi del disegno politico dell'ex delfino almirantiano il quale, dopo aver messo alla porta l'ideologia missina ed aver rinnegato ogni ideale (che comunque lo ha portato al ruolo che detiene oggi), intonso continua il suo percorso personale verso il gradimento elettorale.
Aria di cambiamenti, quindi, e di grandi manovre che, come già in passato, vedranno il non più delfino ma ormai volpe, Ginafranco Fini, dare ancora una volta prova magistrale di scaltrezza e trasformismo.
Chissà che, lentamente, non stia scivolando su posizioni comuniste.
Bersani è avvisato. Facesse attenzione alla propria poltrona.

mercoledì 10 marzo 2010


C'è un Italia che lotta per i propri sogni.
Noi siamo al suo fianco.
(Intesa San Paolo)
No. Proprio no.
Le banche non sono  al fianco del popolo italiano.
Le banche sormontano le spalle stanche degli italiani, assorbendo, avide, le ultime forze rimasteci.  
Senza alcun riguardo, senza nessun ritegno.
Sulle spalle di tutti, anche di Giulia e Sara (spot Intesa ndr.) che, neolaureate e senza esperienza lavorativa se non un impiego saltuario di supplenza o un contratto di collaborazione,  vogliono riattare e riaprire l'asilo che hanno frequentato da piccole. Un' iniziativa lodevole che dimostra la responsabilità  e l'impegno di coloro che si affacciano al mercato del lavoro mettendo in gioco se stessi e le proprie capacità. Peccato che qualsiasi banca, compresa Intesa San Paolo, non finanzierà mai il loro progetto. Almeno che non abbiano garanzie reali sufficienti a coprire l'initero investimento, o buona parte di esso, non avranno alcuna possibilità di accedere al credito bancario che viene precluso, per regolamento, a ogni attività imprenditoriale che non dimostri almeno due esercizi attivi ed un fatturato che possa garantire il ritorno economico del prestito alla banca.
Forse sarebbe giusto consigliare alle due ragazze di attendere tempi migliori e di tenere stretti i  miseri impieghi saltuari che hanno potuto trovare. 

Stessa cosa per Claudio (spot Intesa ndr.) che a 33 anni è un ricercatore nel campo biomedico. Laureato con lode, ha svolto il dottorato negli USA.  Il perchè non abbia conseguito la sua specializzazione in Italia, è retorica spiccia. Nel nostro paese, la ricerca, è un campo completamente sottovalutato, cannibalizzato. Demandato al pieno appannaggio dei "baroni" delle università, che usano elargire le poche borse di studio, le borse di ricerca, soltanto ai propri accoliti. Un modo per mantenere tra le proprie mani il potere sulle nuove generazioni. Borse a tempo semivuote, tra l'altro, che pagano gli sforzi cognitivi ed intellettivi dei giovani ricercatori, con cifre a due zeri. Manovali della scienza insomma.
Claudio, quindi, ha giustamente deciso di non svendere la propria conoscenza, di non sottostare alle angherie ed alle vessazioni dei Docenti, di non scendere a patti con i potentati locali, elemosinando un posticino dove tenere la bocca chiusa e dire sempre si. Claudio ha deciso di rimanere in California, dove alla luce dei risutati accademici conseguiti, ha potuto esprimere il proprio valore in un laboratorio biomedico che ne comprende le potenzialità, valorizzando le capacità. Claudio però ha la sua città, Napoli, negli occhi. E vuole tornare nel proprio paese per contribuire, con le competenze acquisite, al valore nazionale.
Se fossimo nella realtà, Claudio, avrebbe relegato il suo patriottismo, la sua dignità di italiano  ad una foto e sarebbe rimasto in America. Nella realtà, non ci sarebbe nessun laboratorio pronto ad accoglierlo, nessun collega lieto ed orgoglioso di averlo in equipe. In Italia, dove gli investimenti per la ricerca nel campo privato sono visti come "accessori" e superflui, le aziende che vedono lontano e che distraggono capitali verso la ricerca, sanno di poter scegliere  laureati e pagarli una miseria. Sanno che il mercato del lavoro è saturo e che, per non dover emigrare, dovranno accontentarsi, dovranno incamminarsi sulla strada della frustrazione professionale ed umana. Ma non i migliori. Non chi conosce il proprio valore. I ricercatori migliori, scappano dal nostro paese, per crescere, per migliorare ancora più. Collaborando alla crescita delle nazioni civili. Svilendo, ed a pieno diritto, il progresso italiota.

Ed infine Luca (sempre spot Intesa ndr.) imprenditore italiano che si trova allo streguo delle forze. Domani dovrà comunicare ai propri dipendenti che l'azienda chiuderà i battenti. Dopo tutti gli sforzi fatti, dopo aver visto le porte chiuse in faccia dalle banche, dopo aver sopportato il peso di uno Stato,  socio maggioritario, che acquisisce più del 50% degli utili aziendali presunti attraverso la miriade di tassazioni, ma che latita quando l'impresa trova sul suo cammino la criminalità, la corruzione, le truffe, l'inesigibilità dei crediti, (per i quali esige comunque il pagamento dell'IVA), le contingenze del mercato.
Luca è il simbolo dell'intero comparto di piccole e medie imprese italiane, asfissiato dalla crisi, dalla diminuzione dei consumi, dalla assurda magra finanziaria alla quale veniamo sottoposti. Le PMI, che sono il vero tessuto produttivo nazionale,  vedono quotidianamente sparire gli affidamenti bancari conquistati in anni di lavoro e che mai quanto oggi, nel pieno di una crisi mondiale causata proprio dalle speculazioni e dalle ingerenze degli istituti di credito, proprio oggi divengono necessari per continuare a tenere duro, per continuare a sperare nel futuro. Per poter avere il sogno, domattina, di continuare ad esistere, ad operare e non essere costretti a gettare anni di lavoro, nel pozzo nero del fallimento.
Luca, per evitare il licenziamento dei suoi collaboratori, decide di utilizzare le ultime risorse, personali delle quali dispone, rischiando tutto ciò che possiede.
Perchè anche lui è consapevole che il sistema bancario italiano, così impegnato nel ridurre la propria esposizione finanziaria verso le imprese per assicurarsi gli utili previsti, non farà nulla per sostenerlo. Non farà nulla per sostenere nessuno che non abbia salde maniglie politiche.

"Intesa San Paolo. Noi siamo al tuo fianco" dicono.
Peccato siano totalmente indifferenti a tutto ciò che ci accade.
Il ridicolo di dover, indegnamente, subire anche questi spot demagogici e spudoratamente bugiardi.

martedì 16 febbraio 2010

Santoro sfida la Rai con l'arma della magistratura.


Santoro getta il "guanto di sfida" al C.d.A. della RAI, sfoderando la migliore arma politica: La Magistratura.
Michele Santoro risponde con una lettera infuocata al direttore generale della RAI, Mauro Masi, relativamente l'applicazione del nuovo regolamento sulla Par Condicio che prevede uno stop, dai 45 giorni prima delle elezioni regionali, delle programmazioni di approfondimento politico.
Nella missiva, con i soliti toni spavaldi, Santoro sfida apertamente le decisioni del Commissione Parlamentare di Vigilanza, assodando le proprie volontà a continuare, intonso, la programmazione serale di Anno Zero nella solita veste, dal presentatore stesso definita, obiettiva ed imparziale. Quasi a voler eludere le critiche mossegli da anni proprio sull'arbitrarietà della conduzione e del presenzialismo di "alcune forze politiche" a chiaro discapito di altre.
Ma Santoro non si limita ad sfidare le regole della Par Condicio imposte dalla Commissione Parlamentare,  ma ignora apertamente la leadership del Paese, chiamando in causa le forze forti in campo: la magistratura.
Infatti lo stesso presentatore di sinistra scrive che:  < la Rai dovrebbe resistere disattendendo le prescrizioni del Regolamento, rese in manifesta violazione della lettera della legge sulla par condicio, e optare per un’applicazione rigorosamente conforme alla legge (...) Oppure scegliere di applicare il Regolamento precedentemente approvato dalla stessa Commissione, eventuali procedimenti sanzionatori sarebbero non solo contestabili, per le ragioni sopra accennate, ma consentirebbero al giudice di chiedere alla Corte Costituzionale di pronunciarsi sia su disposizioni che violano diritti costituzionalmente garantiti, sia sull’indebito sconfinamento della Commissione che usa il regolamento non per attuare la legge ma per modificarla, sostituendosi ai poteri legislativi dell’intero Parlamento>
In poche parole, Santoro, sottolinea la certa partecipazione della magistratura alla vicenda, paventando la successiva ingerenza della Corte di Cassazione (la stessa che ha rigettato due volte il Lodo Alfano ndr.) ad assurgere le sue ragioni. E sia chiaro, proprio quelle di Santoro, il quale, anche se nella lettera ravviva blandamente i soliti allarmismi sulla lesa libertà di informazione,  incede largamente sulla trasmissione da lui condotta, proponendo sfoggio delle proprie decisioni in merito, della propria "bravura professionale", insomma,  parla per sè, al grido di chi fà da sè, fa per tre.
Insomma, il nostro caro giornalista superpagato, forse timoroso di dover rinunciare al "bonus ascolti" che da contratto gli pesa non poco sul "megastipendio" annuale, forse per mera presunzione di essere al di sopra di ogni regolamentazione,  gioca la carta che ormai vediamo in campo con sempre maggiore insistenza: il potere giudiziario.
Come a dire, nessuno mi tocchi o faccio intervenire la legge, che tanto darà torto al centro-destra, come oramai abituati a vedere.
Certamente, la campagna spudorata portata avanti da Santoro a favore dell'IDV e dei propri ex magistrati Di Pietro e de Magistris, onnipresenti a turno ogni venerdi sera quali voci giuste a bacchettare ogni "vittima sacrificale" ospite del programma, non può certamente assurgere a monito di imparzialità di informazione. E se durante il normale svolgimento del palinsesto, ci si potrebbe limitare alla libera critica, durante il periodo di elezioni regionali, la voce dipietrista del venerdì sera, sarebbe un peso insopportabile sulla bilancia degli equilibri politici. Uno spot lungo due ore, il cui costo graverebbe soltanto sui cittadini. L'eccesso della libera informazione che, pilotata ad arte, diviene informazione libertaria ed interessata.
Per cui, passi Porta a Porta, passi Ballarò, ma Anno Zero non si tocca.
Parola del partito dei giusti. O forse dei giudici. La confusione è tanta.

Gianpiero Gambardella

venerdì 5 febbraio 2010

Il Comune di Napoli stanzia 400 mila Euro per pagare l'affitto agli immigrati clandestini. Mentre il popolo napoletano sprofonda nelle voragini della propria città.

Il consigliere comunale Raffaele Ambrosino (PDL) mette in luce un ignobile delibera della giunta Jervolino,  passata in questi giorni, nella quale il Comune di Napoli stanzia oltre 400mila Euro destinati a sovvenzioni ai costi di fitto per gli immigrati...anche clandestini.
Si tratta della delibera n. 1502 del 14 Settembre 09, passata in consiglio nei giorni scorsi a firma, e inconcepibilmente, vanto del consigliere vendoliano Giulio Riccio, il quale motiva il provvedimento come  «necessario per contrastare gli effetti discriminatori, l'instabilità e l'incertezza derivanti dalla legislazione vigente in materia di diritti degli stranieri, una legge dai tratti razzisti e fortemente discriminatori», in breve, per avere l'ultima parola contro il decreto antiimmigrazione varato dal Governo.
Il passaggio chiave della delibera è alla pagina 8, dove si può leggere testualmente che «si da mandato ai servizi comunali competenti a predisporre avviso pubblico per la concessione dei contributi all'affitto attraverso fondo straordinario destinato a rifugiati, richiedenti asilo e stranieri irregolari, giusto decreto del 17 novembre 2008, a firma del prefetto di Napoli». 
Chiaramente la delibera è volta a contribuire al pagamento delle spese di affitto non solo per immigrati e rifugiati politici, ma anche, ed è specificato in chiare lettere, a immigrati non regolari, quindi clandestini. 
Non basta,  che le regolamentazioni sull'immigrazione non trovino giusta applicazione, per le mille cavillosità e incongruenze dell'ordinamento italiano, da oggi, anche se sei illegale e quindi impossibilitato alla stipula di un regolare contratto d'affitto, puoi richiedere che, il Comune di Napoli, ti rimborsi quota parte dei costi sostenuti.
Da napoletano onesto non sei tutelato. Ma da immigrato clandestino si.
L'ovvietà di tale incongruenza è seconda soltanto allo sdegno per l'amministrazione comunale Jervoliniana, che in totale spregio alle carenze strutturali, alle difficoltà congiunturali ed ataviche di Napoli ed all'assente qualità di vita nella quale, da troppo tempo,  la città  vessa, sposta i pochi fondi disponibili (almeno si spera possano averne lasciati) delle casse comunali, a vantagio di una minoranza sociale che vive in regime di totale illegalità, mentre coloro che ne avrebbero davvero diritto, se non altro per le abnormi aliquote tassative comunali pagate in tutti questi anni e che sono in continuo aumento, devono sottostare alle difficoltà di strade che sprofondano alle prime gocce di pioggia, al degrado strutturale della città ed alle mille carenze che, dopo 9 anni di ammiinistrazione (dal 2001 al 2006 poi riconfermata fino al 2011) la "sindachessa Rosina" non ha affrontato in alcun modo, continuando ad osservare il degrado crescente del capoluogo campano, e limitandosi a "metter mano" soltanto alle ramificazioni più "economicamente interessanti"  della gestione comunale: rifuti ed edilizia. 
Anche in questi settori principali della gestione comunale, il sindaco Iervolino ha mancato alle promesse fatte ai propri elettori. Lo hanno palesato le inchieste della magistratura (relative la "delibera Global Service" e lo scandalo dei rifiuti), ed il successivo "singolare" reimpasto della Giunta Comunale attuato per evitare l'onta delle dimissioni oltre ai tanti, troppi, progetti di riqualificazione urbana che ancora vivono nel limbo ottuso dell'"eroina dalla voce chioccia", e che non vedono ancora la luce dell'attuabilità.
Uno scempio alla dignità di una città, Napoli,  che in altre mani più capaci, o forse meno avide, avrebbe in dieci anni riconquistato l'eco e nazionale l'orgoglio da troppo tempo negatole.
Inutile dire che alla notizia della delibera 1502,  non è stato dato alcun risalto dagli organi di informazione locali, evidentemente disinteressati a dare luce alle boutade Iervoliniane.
In questo, il PD, vanta una ragione incontrovertibile. Nel nostro paese, e peggio ancora nelle realtà locali, la libertà di stampa è seconda ai favori del "padrone". Ed a NApoli, è la sinistra a farla, purtroppo ed indegnamente, da padrona incompetente.

mercoledì 27 gennaio 2010

Napoli: Aggressione duplice a membro di Casa Pound. La Jervolino ne porta le colpe.


Napoli: Aggrediscono militante di Casa Pound, ma l'amministrazione locale e l'informazione nazionale tacciono, complici, oscurando un atto vile e preoccupante.
Sabato notte, alle 22:00 circa, mentre ritornava a casa con il metrò, un militante di Casa Pound, la nota associazione socio-politica di destra, è stato assalito da una brigata formata da cinque uomini appartenenti all'associazione politica di sinistra Rete Antifascista.
Il ventiduenne napoletano è stato oggetto di percosse al corpo ed al volto, riportando una commozione cerebrale causata sia dai calci e pugni sferrati che dai colpi di una catena con la quale è stato colpito al capo.
Soltanto l'intervento provvidenziale di un passante, che ha intimato la sopravvenienza del nucleo 113 della polizia, ha messo in fuga i delinquenti.
Due degli aggressori sono stati segnalati e posti in fermo dalla DIGOS, la divisione della polizia di Stato che si occupa di antiterrorismo,  i quali hanno potuto verificarne l'appartenenza alla flangia di sinistra dei movimenti estremisti.
Ma a rendere peggiore l'accaduto, la notizia che dopo 48 ore, lo stesso studente è stato oggetto di una seconda aggressione, sempre da parte di rete Antifascista, questa volta alle 6:00 del mattino,  mentre lo stesso si accingeva a raggiungere il posto di lavoro.
Analizzando la dinamica delle aggressioni, emerge con chiarezza che siamo avanti a veri e propri agguati studiati a tavolino, e la memoria corre agli anni 70, dove i nuclei violenti della sinistra antagonista seguono schemi di attacco mirati alla persona, non più al collettivo ed alla luce del faro mediatico. Attentati complottati nell'ombra,  nei quali si studiano abutudini e spostamenti della vittima.
Un colpo alle spalle, quindi, che esula dal piano di scontro ideologico e fisico consoni, ma una logica terroristica che colpisce i singoli componenti avversari, proprio quando soli ed inermi. La vigliaccheria e la pericolosità stessa nel declino operativo dei gruppi "Antifascisti", cosadiuvata dalla ignavia (forse voluta) del sinidaco Rosa Russo Jervolino, diviene quindi sempre più preoccupante.
Dagli scontri relativi i fatti di Materdei, CasaPound Napoli continua ad evidenziare che il modus operandi degli organi di amministrazione locale, acuisce le già troppe acredini ideologiche presenti. Gli interventi a continuo discapito delle sigle della destra partenopea, compreso lo sgombero coatto del locale comunale abbandonato (sito in quartiere Materdei) avvenuto lo scorso Novembre, getta una oscura luce sulle reali intenzioni dell'amministrazione del PD, che dovrebbero affrontare la problematica in un ottica super partes, mentre, per ovvie motivazioni elettorali e clientelari (il bacino di voti dei centri sociali ha partecipato sostanziosamente all'elezione della Jervolino) il Comune di Napoli continua a scegliere la strada dell' "occhio chiuso all'occorrenza".
E' proprio dietro a questa coltre di impunità che è maturato l'ennesimo attacco ai giovani di Destra che, soltanto per una casualità, non si è trasformato in una novella tragedia.
- Comportamento criminale -  e - Un gesto vigliacco e criminale, che però non può pesare solo sulle spalle di chi quel gesto lo ha commesso”. Queste le parole di Gianluca Iannone, presidente di Casa Pound Italia, all'indomani dell'accaduto e continua - Se il sindaco Iervolino, sgomberando l’Hmo, voleva ristabilire la pace in citta’, oggi appare evidente che il suo tentativo e’ fallito. Assecondare la tracotanza di chi voleva ‘liberare’ l’ex convento di Materdei a colpi di molotov non ha fatto che alimentare quella spirale di violenza che, a parole, si voleva disinnescare”.
Un duro colpo al Sindaco Jervolino, quindi, già agli ultimi posti per gradimento per una gestione scellerata del capoluogo campano, che deve adesso fare anche i conti con l'inciviltà dei suoi sostenitori.
 Ancora una volta, inoltre, è necessario constatare il silenzio complice degli organi di informazione, che non hanno riportato in alcun modo la notizia. Pare che la violenza, se utilizzata come mezzo politico dalla sinistra, non faccia più notizia.

Un'ombra oscura che, per ora, vede un ragazzo di 22 anni, ferito e dolorante, ma i suoi assalitori, liberi di continuare a malmenare.
Con il beneplacito di coloro che dovrebbero perorare la serenità ed il dialogo, naturalmente.

venerdì 22 gennaio 2010

Gli sms l'ultima mira della censura cinese.

La Cina censura l'uso degli sms. Dopo il controllo di internet, questa l'ultima pagina dell'oscurantismo rosso.


Ciascuno di noi è, in verità, un'immagine del grande gabbiano, un'infinita idea di libertà, senza limiti. 
(Richard Bach - Gabbiano Jonathan Livingston)
 L'ultima trovata del governo cinese, per imbrigliare il vento di libertà d'opinione, è circolata ad alta voce tra le page di internet, ma riguarda l'uso di un altro mezzo di comunicazione, tanto in voga nei paesi occidentali. Ad essere demonizzato ora è l'uso degli sms, i messaggi di testo inviati tramite cellulare. Un comunicato di Pechino impone ai gestori di telefonia mobile l'uso di un sistema di controllo della messaggeria breve il quale, con l'aiuto degli organi di polizia preposti, sottoponga a vaglio ogni messaggio inviato o ricevuto, evidenziandone quelli con contenuti "malsani". Gli autori dei messaggi dal tono antipatico al governo cinese, saranno privati del servizio sms e redarguiti ufficialmente. Naturale chiedersi quali siano i temi "malsani" e quali siano le redarguizioni paventate. Ma qualche idea delle reali intenzioni potrebbe essere dedotta dagli imput del ministro dell'ufficio informazioni del consiglio di Stato, Wang Chen, che esorta i media di Internet che vogliono partecipare al mercato cinese, devono contribuire a -guidare l'opinione pubblica in Cina-.
Una censura selvaggia, quindi, che ha già privato la parte occidentale della regione dello xinjang, di etnia musumana ed oggetto di proteste terminate con 140 morti civili, della rete mobile per diversi mesi. Ancora oggi, in quella parte di Cina, l'uso degli apparecchi cellulari è stato contingentato ed assoggettato a controllo delle autorità, resta escluso il servizio internazionale di chiamata, la fruizione libera dei contenuti del web (sottoposti a filtro costante), l'uso della posta elettronica e dei forum.
Per le altre regioni della Cina, la mano oscurantista del Governo rosso di Pechino non manca di far sentire il proprio peso. Le restrizioni imposte ai colossi dell'informatica  sono, già dal 2007, oggetto di discussioni dell'intera comunità internauta mondiale. Già allora, Microsoft, Yahoo, Cisco e Google, intenzionati a non perdere il mercato più vasto del mondo, accettarono passivamente le imposizioni cinesi in materia informativa, apponendo filtrazioni invisibili ed inamovibili alla navigazione in rete all'interno della muraglia. Qualsiasi fonte indipendente, ogni sito di stampa internazionale, qualunque blog o page privata non sottostante al controllo di Pechino, è stata sistematicamente escluso dal network.
Questo fino a quando, pochi giorni fa, il colosso Google ha dichiarato di non voler più sottostare alle restrizioni incivili del governo cinese, eliminando i filtri e rendendo, finalmente, libera la rete internet. Un bagliore momentaneo, però, che se pur supportato dalla Casa Bianca, vede la Muraglia di censura compatta e decisa a non mollare.
Una contrapposizione, questa, che porta inesorabilmente al deteriorarsi dei rapporti USA-CINA, ma che getta luce, finalmente, sul degrado e sulla mancanza di libertà del più grande regime comunista esistente. Un territorio vasto, che nella sua grandezza geografica non trova un spazio a parole e concetti quali opinioni, libero arbitrio, dignità.
Dove non è possibile leggere del Dalai Lama, ma si può eseguire una condanna a morte, processando le idee di un uomo. Dove si muore per la mancanza di igiene, per virus debellati in tutti i paesi civilizzati, per malnutrizione, per stenti, per carestie. Ma anche un paese che si può permettere l'acquisto di un terzo della produzione acciaifera mondiale.
La Repubblica Popolare Cinese, pare, non abbia tratto alcun insegnamento dai fatti di Piazza Tien'an men, e le stragi di regime, perpetrate per decenni, hanno soltanto lasciato il passo all'oscurantismo ed alla morte della libertà d'opinione. I migliori auspici perchè una nuova repressione armata, insanguini nuovamente, e di un rosso più triste e desolante, le piazze e le università.
Questo il paese che detta oggi regole al mercato commerciale mondiale, che detiene diritto di veto quale nazione permanente nel Consiglio di Sicurezza dell'ONU, che è attore principale al tavolo del G20 e che anela ad una posizione preminente nell'ordine mondiale.
Un regime censorio e violento, che nulla ha da insegnare o da propagandare, se non lo sfruttamento della propria popolazione. Una nazione, la CINA, che investe sull'industrializzazione e sul progresso produttivo, ma che tralascia il valore primario. La dignità della propria popolazione.

giovedì 21 gennaio 2010

Genitore condannato per uno schiaffo. Per la Cassazione è abuso di mezzi di correzione.


Gli schiaffi non sono ammessi in alcun caso quali metodo di educazione dei genitori verso i propri figli.
Così ha sentenziato ieri la Cassazione, confermando la condanna inflitta dal Tribunale di Bologna ad un padre. L'uomo ha difeso la propria posizione dichiarando che l'uso degli schiaffi era sporadico e concomitante con la reiterazione di comportamenti . Ma pare che le motivazioni, ritenute tradizionalmente valide, non bastino oggi a frenare un'onda incontrollabile di "progresso educativo" che vuole la parola, egemone e giudice dell'educazione.
D'altronde le teorie sul dialogo educativo, scevro di ogni pressione verbale o fisica, sono il leit motif delle nuove generazioni di sociologi, per i quali lo scappellotto e le urla sono bandite, demonizzate. Strumenti traumatici, pare, che nella loro inutilità sono invece primaria causa del disagio giovanile, della fragilità delle nuove generazioni.
Scompaiono i vecchi retaggi e le brutte abitudini, e con loro, i padri dalla mano pesante e le madri che
 - Adesso le prendi - .
Secondo il progresso che avanza, quindi, secondo i nuovi luminari, la prole deve essere redarguita, ma senza eccessi onde evitare violenza verbale, corretta, ma senza scapaccioni, d'obbligo l'uso della parlantina e delle giuste motivazioni. . L'educazione deve scaturire dalla spiegazione, dal dialogo paziente, volto ad erudire la giovane mente alla sottile distinzione tra ciò che è giusto e ciò che, almeno oggettivamente, è sbagliato.
Una profusione di concetti complessi, spesso neanche alla portata di tutti, difficilmente riconducibili a logiche spicciole, ad una facile assimilazione. Soprattutto se l'unico mezzo a disposizione, prevede assolute doti di orazione.
Un'ennesima utopia, una verità generalista che non guarda alle differenze sociali, alla contestualizzazione, che non tiene conto della quotidianità e della vastità di imput esterni al quale sono soggetti i minori.
 A farlo, invece, a porre un occhio attento alla realtà,  i migliaia di articoli di cronaca che riamandano, tristemente, alla carenza endemica di educazione sociale dei minori, collocati costantemente nel limbo dell'irresponsabilità, ove i genitori non hanno esilio. Il disagio giovanile, che inizia con la deregolamentazione comportamentale e termina nelle tragedie quotidiane, pone le generazioni ultime nella comoda bambagia dell'innocenza.L'inconsapevolezza.  Le colpe sono ricercate nella famiglia, nella società, nello Stato, nella globalizzazione, nelle subculture, nell'indigenza. Mai nella mancanza di imposizione dei valori fondanti, come la dignità umana, il valore della vita, il senso al bene comune, l'onestà senza condizionali, il rispetto alle regole. 
Eppure, sembra, la memoria ci rimandi più facilmente alle marachelle della gioventù, quando le stesse sono state evidenziate da un fermo scapaccione, più che da noiose ed interminabili parole. Delle lunghe spiegazioni, delle grandi tesi colloquiali, magari, rimane vivido la sensazione di noia inevitabilmente accompagnata. Quella noia che toglieva al momento l'ansia della punizione, dando spazio a quell'inevitabile pensiero giovanile - L'ho fatta franca, mi è andata bene -.
Chi come me, appartenuto alla generazione dei ceffoni, guarda al presente, vede invece chiare le mille difficoltà, morali ed etiche, contrapposte al già difficile mestiere dell'educatore.
La sottile linea che divide il lassismo dal laissez faire, lo schiaffo educatore dalla violenza domestica ha fatto piombare i nuovi genitori nel disagio di non saper fare, di non essere capaci di imporre la civiltà.
Il limbo dell'inadeguatezza.
I risultati ne sono l'evidenza. Violenze scolastiche, spesso oggetto di videoricordi   amatoriali, , abuso di stupefacenti, abuso di alcolici, stupri di gruppo, sadismo, riottosità, omicidio, vandalismo, furto, danneggiamento. Senza contare la generale deregolamentazione, la mancanza di rispetto verso l'istituzione, verso la famiglia, verso il prossimo.  La statistica sulla tipologia di reati minorili commessi nel nostro paese è chiara e lampante. Le condanne per i reati contro il patrimonio quali  il furto, la ricettazione, la rapina, sono sempre più ad appannaggio dei giovani immigrati, e delle fasce di popolazione indigente. Reati spesso riconducibili al bisogno primario all'alimentazione, alla vita. Ma per i reati contro la persona, (omicidio, violenza, lesioni) per i reati vandalici, per i reati contro lo Stato ( pubblici ufficiali, ordine pubblico, etc.) e per l'utilizzo di sostanze stupefacenti (uso, non spaccio) i figli d'Italia detengono egemonia assoluta. Quindi sono proprio coloro che formano il tessuto sociale del nostro paese a compierne maggiore scempio, Una generazione tarlata, quindi, che ricerca i propri modelli tra le pieghe del degrado sociale, tra coloro che "ottengono tutto e subito". La generazione lustrini e cellulari, di carta patinata ed egoismo. Il domani senza padri e senza schiaffi, con mille scuse inconcludenti, ma senza motivazione.
Tante congetture, tante lamentele, molto vittimismo  ma poca voglia di fare, di cambiare.
Chissà che non sentiremo la mancaza, di quegli schiaffi. 

lunedì 18 gennaio 2010

Per il "Sole 24 ore" il sindaco di Caserta, Petteruti, il peggiore d'Italia.




Il sindaco di Caserta, Nicodemo Petteruti, ultimo in classifica negli indici di gradimento dei governatori locali del "Sole 24 ore".
Il dossier apparso sul quotidiano economico è soltanto l'ultimo smacco alla popolazione di Terra di Lavoro. I risultati provengono dal giudizio dei cittadini relativo l'operato dei propri amministratori locali. E per il nostro Nicodemo Petteruti, è stato un simposio di negatività. La voce, finalmente, del malcontento generale della città di Caserta, che subisce orami dal 2006, un'amministrazione fallimentare che si destreggia tra la sfiducia degli elettori e quella, politicamente ben più grave, dei propri consiglieri. Un sindaco che, come buona scuola di partito dei suoi omologhi Bassolino e Bindi, passa sopra ogni dignità politica. Oltre, perfino, a quella umana, rifiutandosi di assumere le proprie innegabili responsabilità ed estromettersi dalla "res pubblica".
Le cifre, pergiunta, parlano chiaro. Il disavanzo negativo del comune di Caserta, per entità, dovrebbe portare ad un' inevitabile dichiarazione di  "dissesto finanziario", e farne assumere l'onere morale all'amministrazione vigente. il soddisfacimento dei propri interessi e di quelli delle lobby che l'hanno sostenuto, invece, pongono Petteruti nella delicata situazione di "sordo " a qualunque richiamo alla decenza avanzatogli sia dall'opposizione, che da esponenti della sua stessa coalizione. E la sfiducia della quale è stato oggetto il sindaco e per la quale ha prima inviato le proprie dimissioni poi ritrattate, è una silente testimonianza dell'attaccamento alla poltrona, finchè morte non separi.
Ormai, ogni riunione municipale, diviene una bagarre di interpellazioni, di dichiarazioni al vetriolo. Di richieste di spiegazioni infrante contro un muro di silenzio. Perchè troppe le scuse apposte negli anni. Ed ora che il baratro dell'indebitamento non può più essere coperto da manovre e manovrine. Adesso che nulla riesce a mascherare l'indigazione degli stessi consiglieri comunali, la risposta del sindaco è univoco silenzio.  un silenzio colpevole.
Le scuse finiscono, ma restano gli impegni presi con ditte appaltatrici mai saldate, con i dipendenti pubblici ai quali pagare straordinari, con i fornitori nazionali di energia insoluti da anni, con le confederazioni dei commercianti portati allo streguo delle forze, delle imprese che non vedono aiuti locali alla difficile situazione contingente. Fino alla moltitudine di cittadini che attendono, inutilmente è bene che si sappia, la rivalutazione della propria città, ma che può soltanto soffrire le strade sconquassate, un'urbanistica assolutamente irrazionale, una mancanza endemica di forze di controllo a tutela del pubblico. Al cittadino, insomma, è dovuto l'onere alla proverbiale pazienza, ma non l'onore di una spiegazione.
Il dossier Governance Poll 2009, quindi, da voce al divario comunicativo creatosi tra i diritti dei cittadini casertani alla qualità della vita (nella classifica nazionale al quint'ultimo posto) , pagata a caro prezzo con una tara tassativa comunale tra le più alte d'Italia ed il dovere ad una giusta amministrazione della cosa pubblica.
Inoltre sarebbe interessante ricevere risposte oneste, su come sia stato speso l'indebitamento titanico di Caserta, insieme ai fondi europei del progetto Urban II spariti nel nulla, e gli innumerevoli impegni assunti dall'amministrazione con fornitori esterni e mai assolti. E gli esposti alla Corte dei Conti da parte del consigliere Polverino e di altri ne sono lampanti testimoni.
Pagate, invece, sono state le abnormi parcelle ai consulenti esterni che non rientrano, per entità ed utilizzo, in alcuna logica possibile. Ma che continuano ad essere fonte di dispersione delle già esigue forze economiche.
Ancora di più le licenze di costruzione rilasciate dal comune atte ad un'urbanizzazione ancora più feroce ed invedente, senza che mano alcuna sia stata posta alle aree disagiate che da anni attendono lavori di ripristino e di riatto. Soltanto lavori iniziati, ma mai terminati. Ed interi parchi vedono vita, su terreni un tempo destinati a verde pubblico. Come, infine, non citare l'area ex Ma.Cri.Co. immensa zona edificabile di 33 ettari posta nel centro cittadino che, per sua natura, sarebbe stata un'ottimo trampolino di rilancio per la rinascita della città, con una'urbanizzazione sostenibile, centri di interesse pubblico, un nuovo quartiere insomma, che potesse essere traino per l'intera comunità, ma che, dopo essere stata oggetto della campagna elettorale di Petteruti che ne propose un uso "fiabesco" quale parco pubblico, è rimasto fermo all'abbandono. Un'ennesima opportunità mancata per la città, una nuova pietra miliare dell'incapacità municipale alla concretezza. Eppure, il Governo di centrodestra accolse favorevolmente l'incipit dei predecessori. E' mancato, evidentemente, l'interesse privato della galassia dei costruttori e palazzinari casertani, ai quali, non dimentichiamo, Petteruti è legato.
La speranza, quale residente ed avente diritto al voto, è che lo stillicidio della nostra provincia termini immediatamente, che non si attenda il termine di questa legislazione farsesca e che, il sindaco Nicodemo Petteruti, ammetta la propria incapacità a ricoprire un ruolo, quello di sindaco di una provincia difficile quale Caserta, difficile ma bisognoso di concretezza e risolutezza. E di onesta. Intellettuale e politica.
A casa, dunque, Petteruti. Perchè ci sia una rinascita. Perchè tutti noi abbiamo il diritto, almeno alla speranza.