lunedì 30 novembre 2009

La Svizzera dice "NO" alla colonizzazione islamica.



Il divieto dei minareti non cambierà niente per i musulmani che potranno continuare a praticare la loro religione, a pregare e a riunirsi. Si tratta di un messaggio, la società civile vuole mettere un freno agli aspetti politico-giuridici dell'Islam.
Con queste parole, i promotori dell'iniziativa "NO ALL'ISLAMIZZAZIONE DELLA SVIZZERA" hanno perorato un referendum popolare che si è concluso con un esito da molti insaspettato, ma che, invece, tende a concretizzare il pensiero di tanti cittadini europei. Con un pesante 52%, maggioranza assoluta, presente in quasi tutti i cantoni ticinesi (tranne quattro tra le quali Ginevra e Basilea) la volontà popolare ha scelto per la modifica della Costituzione elvetica, alla quale viene aggiunto un capoverso pregno di significato: L'edificazione di minareti è vietata.
Lo spirito dell'iniziativa non volge all'esclusione dalla professione islamica in territorio elvetico, ma pone uno "stop" deciso all'incursione della cultura musulmana sul tessuto nazionale, a partire dal modello architettonico delle città che, da oggi in poi, non vedrà la presenza di nuovi "campanili islamici" stagliarsi nel panorama della Svizzera.
Il Governo di Berna che ha osteggiato l'iniziativa referendaria,  ha dovuto invece ammettere la sconfitta ratificando la "vox populi",  ed affrontanto le ire delle associazioni musulmane che, come era facile prevedere, ne hanno accolto malissimo l'esito.
L'imam del centro culturale islamico di Ginevra, Youssef Ibram, lo definisce come un "avvenimento catastrofico". -Avevamo fiducia nella lucidità del popolo svizzero- dice - Una delusione enorme -.
A seguito delle dichiarazioni, gruppi di protesta si sono riuniti in molte province dei cantoni e, con candele e minareti in cartone, hanno sfilato sotto il proclama - Non è la mia Svizzera- domenticando, forse, quanto questo sia pragmaticamente reale.
Le Nazioni sono e restano delle popolazioni preesistenti, e nessun dubbio su questo deve essere mai mosso. I cittadini elvetici, ieri, hanno rivendicato, chiaramente, la podestà della propria terra.
Possiamo mai affermare che non sia un loro diritto?

mercoledì 25 novembre 2009

Docente universitario ai domiciliari.



CATANIA, 25 NOV - Arresti domiciliari per il professore Elio Rossitto, docente universitario di Economia, nella facolta' di Scienze Politiche di Catania.
(Ansa)




Denunciato lo scorso Ottobre da quattro studentesse per tentata concussione , il docente di scienze politiche Elio Rossitto dell'universita KORE di Enna, è stato immediatamente allontanato dal proprio incarico, nell'attesa di ulteriori chiarimenti in merito. Ma ben pochi sono, in realtà, i punti da chiarire, soprattutto dopo lo scoop giornalistico della trasmissione "Le Iene", in onda su Mediaset, che ha documentato, con riprese video, le richieste sessuali esplicite fatte dal professore a studentesse poco più che maggiorenni, in pagamento per il "felice" esito delle sedute d'esame da lui presenziate.
Di oggi l'ottima notizia che il gip titolare dell'inchiesta, ha proceduto all'arresto di Rossitto, al quale comunque ha concesso i domiciliari, in attesa di svolgimento processuale.
Termina in questo modo, la "carriera" del professor Rossitto, che ci ricorda quanto sia incidente la figura del docente, nella vita culturale e formativa dei giovani, e quanto il ruolo sia fondato su una profonda responsabilità, troppo spesso posta nelle mani di persone che ne sono indegne.
A noi non resta altro che chiederci quante possano essere state le vittime silenziose che, durante i tanti anni di insegnamento di Rossitto, abbiano dovuto subire le molestie, le vessazioni, in virtù di un rapporto, quello studente-professore, che vede il primo spoglio di ogni garanzia e difesa, contro lo strapotere indimidatorio del secondo.
La disarmante situazione emersa, però, pare non essere nuova alle esperienze degli universitari i quali, se pur non sempre in questo infimo grado di bassezza, lamentano da sempre comportamenti autocratici mostrati "oltre cattedra" da coloro che, è giusto ricordare, fanno parte di un servizio reso alla comunità, nel corso del quale, siccome pagati da tutti, devono esimersi da sperequazioni e disparità di trattamento. Soprattutto ricordare di asservire alla conoscenza e non esserne dispotici titolari.

lunedì 23 novembre 2009

Aggiungi un posto a tavola...c'è un immigrato in più.


Qualche volta vi pesa essere qui? C'é qualcuno che ve lo fa pesare? O qualche volta c'é qualche stronzo che dice qualche parola di troppo?
(G. Fini)


Commovente il tentativo perpetrato dall'esimio Presidente della Camera, Gianfranco Fini, di calarsi nel ruolo di tardo-adolescente, comunicando con ragazzi dagli 8 ai 18 anni (quasi esclusivamente stranieri) del centro "Semina", l'ultima tappa del suo personale tour pro-immigrazione. Un'idea promozionale davvero interessante. Abbandonate quindi giacca, cravatta e l'abituale "savoir faire", il Gianfrancone nazionale con un New-popular style, ha dato libero sfogo alle preoccupazioni che da tempo lo incupiscono, relative al degrado dei rapporti tra immigrati e nazione. Certamente un annoso problema, quelle delle "paroline di troppo", alle quali, con spregio del suo ruolo istituzionale, il Presidente Fini risponde con una bella "parolaccia di circostanza", in puro stile "slang giovanile". Intuizione, la sua, davvero poco felice. Stà di fatto che, alla risatina strappata ad una platea interdetta, sarebbe stato forse più opportuno, dall'alto della sua carica istituzionale, un lessico meno scavezzacollo, meno fornito di epiteti poco edificanti. Da genitore responsabile, insomma.
Tutto sommato, però, al Presidente della Camera, perdoniamo anche questa. E' doveroso, da parte nostra, dare atto al titanico sforzo umano di Fini nel riagguantare le fila discorsive populiste della sinistra italiana, ormai dispersa nelle proprie contraddizioni, ed inseguire, come i comunisti prima di lui, la chimera del bacino voti straniero.
Uno che guarda lontano, il Presidente Fini, un opportunista che ha già misurato in termini elettorali il valore delle orde migratorie, in aumento ogni anno, e secondo la proposta di legge sul voto agli immigrati, che vorrebe vedere gaudenti alle urne, con al petto una bella spilla a suo nome.
L'italiano ormai è stanco...ma intanto, vota Gianfranco!!
Peccato che l'indice di assorbimento occupazionale italiano, sia uno dei più bassi d'Europa, specialmente al Sud. Peccato che la quantità di immigrati che soggiacciono senza un posizionamento sociale, sia inevitabilmente destinata a salire e ad ingrossare le fila di chi, per ovvia necessità vitale, debba trovare il modo, legale o meno che sia, di sfamarsi, di vestirsi, di vivere. Il problema non è raziale, mio caro presidentone, il problema è sociale.
Ed è un emergenza insostenibile.
Invece di perorare il suo Tour promozionale, venga nei luoghi dove italiano significa minoranza, faccia il suo bel discorso a quelli che vivono in 30 in pochi metri quadrati, nella sporcizia, nella povertà, e constati da solo se per costoro sia così semplice distinguere il bene ed il male, il legale dall'illegale. Venga a vedere le migliaia di ragazzi sulla domiziana, che aspettano di essere scelti quale manovalanza schiava, per lavorare diciotto ore, senza sosta, senza diritti, senza sicurezza, per il costo di un panino ed una birra. Eccolo il motivo per il quali gli italiani non vogliono fare lavori a bassa specializzazione, perchè la loro concorrenza è fatta di morti di fame sfruttati, per i quali non c'è identificazione alcuna, persone che, nella maggiorparte dei casi, non esistono agli occhi delle istituzioni, e che lavorerebbero anche nelle peggiori situazioni, pur di evitare la morte per stento.
Caro presidente Fini, l'italiano non è viziato, è solo conscio di avere diritti, in casa sua, diritti inalienabili che ha pagato con sangue e fatica. Per questo diciamo NO! al'immigrazione selvaggia, all'accoglienza di chiunque bussi la nostra porta o entri di sottecchi dalle nostre finestre. No!! A coloro che non possono essere riconosciuti, schedati e rintracciabili come lo siamo noi cittadini italiani, che non hanno modo di contribuire allo sviluppo sano del nostro paese, che non possono essere assorbiti dal nostro mercato. No!! Perchè per diritto di nazionalità, di storia, generazionale, la precedenza nel garantire il rispetto dei diritti, và inequivocabilmente agli italiani. No!! Perchè per "aggiungere un posto a tavola", bisogna prima avere una tavola, e qualcosa da metterci sù.
Lei continui anche con la demagogia. Per quanto mi riguarda, ed usando uno "slang senza età" dico di essere padrone in casa mia, e se l'ospite "piscia fuori dal vaso", lo saluto e, con gentilezza, gli indico l'uscita.

lunedì 16 novembre 2009

Denigrarci...per evitare il confronto.


Ogni abitudine rende la nostra mano più ingegnosa e meno agile il nostro ingegno. (F. Nietzsche)

Esiste una Destra. Vera.
Una Destra che non accetta i compromessi ad uso e cosumo, quella che si assume le responsabilità del proprio "essere", passato e presente. Quella Destra che è ritenuta ingenuamente demodè, perchè ancora crede in concetti quali orgoglio, Nazione, valori umani. Quella che non baratta la propria anima per intrufolarsi nelle stanze del potere.
In Italia, anche se si è cercato di estrometterla, esiste e scalpita una Destra ferma nei propri convincimenti e che protesta, a gran voce, contro la desocializzazione della Istituzione pubblica, contro lo smarrimento di identità nazionale all'ombra del garantismo oltranzista, delle politiche economiche, di una ultraglobalizzazione.
Ecco, in italia c'è la Destra, che parla ancora al popolo facendone fieramente parte.
Che sprona all'urgenza di politiche sociali che sappiano andare incontro alle classi disagiate, alla famiglia, ai giovani. Dove l'unico metro di valutazione sia meritocratico e non clientelare. Una Destra che non ammette trattative con la criminalità, non tollera mancanza di sicurezza per i cittadini, non concede dimora a sentimenti antitetici allo Stato.
La Destra esiste. Oltre coloro che vogliono tingerci di nero. Al di là del binomio stantio "destra" - "fascista", sul quale ancora si fonda la politica diffamatoria di chi, invece, dovrebbe far meno omissioni sul proprio passato e ricordare, come facciamo noi, che un nuovo futuro è dinnanzi. La nostra Destra vive e cresce distanziandosi dal pensiero fazioso che ci vuole relegati a vecchi retaggi, ad impensabili pantomime, ma conservando, con orgoglio, i pilastri della moralità e dell' etica che fanno grande un popolo. Senza aver bisogno di "icone" rubate ad altre realtà, senza "distintivi modaioli" dietro i quali nascondere le carenze profonde. La nostra Destra parafrasa, a coloro che fanno del qualunquismo, del populismo, della demagogia la propria costante, le parole di Friedrich Nietzsche: Ogni abitudine a far impegno politico denigrando l'impegno altrui, rende più ingegnosa la vostra "propaganda", ma indebolisce l'ingegno nel cercare la strada al miglioramento comune.
La mia Destra, guarda lontano tenendo la mano al meglio che i nostri genitori hanno lasciato noi.

giovedì 12 novembre 2009

Quando la libertà di satira...puzza di marcio.


Fumetto spazzatura su ministro Giorgia Meloni: insorge sdegno bipartisan.

Il sottile limite oltre il quale la satira sconfina del cattivo gusto, o addirittura nella maleducazione più selvaggia, da oggi può dirsi ridisegnato.
Dagli albori della propria nascita quale primo genere originale della cultura latina, la satira è riuscita a conservarsi indenne nei secoli alle critiche ed alla demonizzazione strumentale, proprio perchè "castigat ridendo mores" (coregge i costumi, deridendoli), conservando intatte le caratteristiche di controcanto culturale alle volte pungente, altre dissacrante ma, comunque mantenuto nei limiti del comune rispetto.
Proverbiale l'attacco che il demagogo Cleone (426 circa A.C.) contro il poeta graco Aristofane, primo a porre la satira politica quale ingrediente fondamentale dell'opera comica.
Innumerevoli i personaggi ad aver untilizzato lo strumento della satira (politica, di costume, sociale, etc) nel corso di oltre due millenni, nomi quali Ennio, Quintiliano, Orazio, e tra gli illuminsiti Montesquieu, Voltaire, Parini. Forse più "confidenzialmente vicini" Alighiero Noschese e Paolo Villaggio, Daniele Luttazzi. Tutti "attori" di una satira informata, cosciente, costruttiva, protagonista nella controinformazione come, comunque, non fine a se stessa, ma annegata in un ottica di rinnovamento.
Un tentativo eloquente di definizione del fenomeno Satira, molto attuale, ci viene suggerita, se pur quale definizione giuridica, dalla Corte di Cassazione, la quale, nella sentenza n. 9246/2006, recita:
« (la satira) è quella manifestazione di pensiero talora di altissimo livello che nei tempi si è addossata il compito di indicare alla pubblica opinione aspetti criticabili o esecrabili di persone, al fine di ottenere, mediante il riso suscitato, un esito finale di carattere etico, correttivo cioè verso il bene. »
Tutti conosciamo le discussioni ed i dibattiti quotidiani, sull'utilizzo strumentale della satira quale arma di opposizione politica, ed ognuno conserva un proprio punto di vista che, quandunque severo o soggettivo, tiene conto della libertà d'espressione dei singoli individui, della garanzia al rispetto d'opinione.
Ma ci sono debite eccezioni.
In questi giorni, nelle librerie e fumetterie, è stato distribuito il nuovo libro satirico del disegnatore Alessio Spataro, dal titolo di dubbio gusto "LA MINISTRONZA", il quale ha come soggetto la destra in generale e più specificamente, il ministro della gioventù ed esponente PDL GIORGIA MELONI. Per comprendere a pieno i toni fatiscenti del prodotto, basta baosservarne la copertina, raffigurante una Meloni (denominata romanescamente MECOJONI) nelle fogne contornata da ratti, mosche e scarafagi, e leggerne il messaggio di accompagnamento: «Fascisti, carogne, tornate nelle fogne». Scorrendo le pagine, poi, si delinea meglio il carattere dell' "opera" che ritrae "Giorgia Mecojoni" con un dialetto romanesco pesantemente marcato da improperi, in atteggiamenti antipolitici ed antisociali, in un olezzo costante di "merda" (cosi come tutti i politici di destra) e dedita a rapporti sessuali con i propri sostenitori in una salsa dal sapore vagamente dannunziano.
Il "libro" La Ministronza, inizia e finisce nella trivialità e nella scurrilità e, se pur definito dallo stesso autore "di satira", oggettivamente della nobile arte letteraria e teatrale, non ne ha alcun carattere. Una lunga lista di qualunquismo, insomma, dove destra assume l'unico significato di fascismo, l'unico filo conduttore una costante di offese gratuite e maschilismo.
La lettura delle vignette, pubblicate sul blog del vignettista, lascia l'amaro in bocca ed ,insieme, la delusione per la vana attesa di una nota comica inesistente. Pervade uno sbigottimento attonito e la sensazione di osservare (come si diceva una volta) bassa ironia da caserma. Sinceramente anche un senso di fastidio.
Posto innanzi al dubbio sulla sua produzione, Spataro ha risposto pieno di immotivata presunzione, facendo emergere il suo reale intento: far parlare di sè. D'altronde, da un ignobile sconosciuto intalentuoso quale si è dimostrato, certamente non si potevano attendere motivazioni profonde, che potessero giustificare il suo operato. Si limita a chiocciare dell'uso della scurrilità nella satira, che forse dovrebbe leggere, giusto per avere un'nfarinatura su come se ne produce e adduce le accuse mossegli alla condizione di "caciottari arricchiti" dei denigratori. Io ricorderei, a "sto tale" che l'essere "caciottari" è una professione onorabilissima, l'esserne anche "arricchiti", soprattutto ai gironi nostri, potrebbe addirittura addurre un complimento. Che apprenda l'uso di esempi e termini più corretti.
Giorgia Meloni, suo malgrado coinvolta nella vicenda, ha dato ampia dimostrazione di spessore culturale, relegando questa come questione di alcun importanza. Anzi, intervistata sull'argomento, ha addotto di aver letto alcune "strisce" del fumetto e di voler. in prim momento, contattare l'autore per commetarne le opere, continuando nella lettura, invece, ed incontrandone la reale volgarità, ha preferito astenersi ed ignorare l'intera vicenda.
Ad intervenire prontamente, invece, l'intero comparto politico che, bipartisan, ha inteso dimostrare vicinanza e stima alla collega Meloni, che ringrazia, sminuendo l'entità dell'accaduto.
Brava Giorgia!!

martedì 10 novembre 2009

Cosentino indagato per contiguità mafiosa...


Cosentino indagato per presunte collusioni con il clan dei Casalesi.

Dopo innumerevoli indiscrezioni apparse nell'ultimo periodo, oggi emerge un provvedimento cautelare firmato dal GIP Raffaele Piccirillo del tribunale di Napoli nei confronti del segretario all'Economia e coordinatore regionale PDL Nicola Cosentino . Il provvedimento è stato posto all'attenzione del Presidente della Camera Gianfranco Fini per le necessaria autorizzazione a procedere. A carico di Cosentino, gravano le accuse di concorso esterno in associazione camorristica, scaturite dalle dichiarazioni di cinque pentiti della camorra casalese tra i quali l'imprenditore Gaetano Vassallo, passato tra le file dei collaboratori di giustizia dopo una lunga carriera nel circuito dello smaltimento rifiuti e del turismo.
Le dichiarazioni apportate al vaglio della DDA (Direzione Distrettuale Antimafia) sono relative a presunti legami tra Cosentino ed i vertici del clan dei Casalesi, tra i quali il famigerato Francesco "SANDOKANi" Schiavone, attualmente in regime carcerario di 41bis per le condanne di associazione camorristica, omicidio, tentato omicidio ed altre ottime "referenze penali". Il Vassallo racconta degli interessi economici, politici e personali che legavano a doppio filo Cosentino con i fior fiore dell'apparato direttivo camorrista, fino a divenire, negli anni dal 92 al 96, "postino" insieme all'avvocato Mario Natale, delle comunicazioni di Sandokan, allora latitante, con Boss del calibro di Diana e Zagaria.
In realtà, gli addebiti sollevati a Cosentino (ed all'intera famiglia) partono da molto più lontano, ed appartengono ad un surreale iter ascensionale fatto anche di immotivabile "cecità" da parte degli organi inquirenti. Infatti, le prime dichiarazioni al vaglio inquirenti relativi il nostro "eroe" risalgono al 2000, quando il cugino del Boss Schiavone, Carmine, primo pentito casalese, districa i primi chiarimenti sulle collusioni relative ai patti elettorali intrapresi nell'anno 1982, quando il coordinatore militava nel PSD. Da allora, di dichiarazioni da verificare ce ne sono state molteplici, tutte inanellate in 27 anni di "onorata carriera" e tutte da riscontrare quindi, nessuna certezza.
Incontrovertibili e riscontrabili, invece, sono i legami che la famiglia Cosentino, intrattiene con esponenti condannati del malaffare casertano, due dei fratelli Cosentino, sposano parenti prossime (figlie e sorelle) di boss quali DIANA e RUSSO, altri intrattengono legami di amicizia (oggetto di controllo ed evidenza da parte delle forze di sicurezza) con pregiudicati per associazione mafiosa, tentato omicidio ed estorsione. Tutto ciò, comunque, non basta per vedere negato i certificati antimafia alle aziende di famiglia, negati nel 1998 dalla prefettura perchè
"rappresentano elementi, univoci e non contestati, da cui ragionevolmente può dedursi che sussisteva il pericolo di infiltrazione mafiosa" (ndr)

Fortunatamente, ci pensò il prefetto che successe, Maria Elena Stasi (divenuta in seguito esponente della Camera con il PDL, sotto perorazione dello stesso Cosentino) a sbloccare "anomalmente" i certificati antimafia, la cui mancanza rischiava di collassare l'impero Cosentino, distromettendo la Aversana Petroli spa, colosso finanziario e primaria azienda familiare, dagli appalti e quindi dall'indiscussa egemonia locale.
Ma non soltanto queste, le oggettive difformità dei Cosentino, che invece, potrebbero riempire pagine e pagine. Iniziando dagli acquisti terrieri da esponendi camorristici, passando poi dall'egemonia sulla distribuzione del carburante (piu di 150 distributori a nome Cosentino o di prestanome, alcuni dei quali condannati), fino ad arrivare allo scandalo ECO4, all'omicidio ORSI, alla centrale da 800 mila megawatt di Sparanise.
Insomma, la discutibilità imprenditoriale ad oggi addebitata, cozza purtroppo con il ruolo istituzionale di Nicola Cosentino, e con e cariche, anche molto delicate, affidategli. Si spera nel profondo buonsenso che porti i dirigenti del PDL, a limitare i danni, lasciando decadere il nome del nostro "buon amico" quale concorrente alla carica di Presidente della Provincia.
La Campania, esce male già dall'amministrazione Bassolino. Un altro colluso a tirare le sorti di una regione così bistrattata, ci sembra eccessivo.

venerdì 6 novembre 2009

Storace...quando politica è coerenza.


Continua ciò che hai cominciato e forse arriverai alla cima, o almeno arriverai in alto ad un punto che tu solo comprenderai non essere la cima.
(Seneca)


Intraprendere la carriera politica non è semplice. Non se si ha un bagaglio di profondi valori, non se si è coerenti con se stessi, con le proprie idee, con la propria integrità. Se ci si rifiuta di barattare il credo in un più mite e redditizio qualunquismo .
Non è facile essere un Politico con la "P" maiuscola, uno "vecchio stampo", intriso di moralità, di giustizia e senso del prossimo, delle necessità della comunità.
Ed è sempre più difficile rispettare il valore dei "NO", dei "non ci stò", di rinunciare ad alleanze immotivate, di patteggiare la propria identità.
Essere politici come lo è Francesco Storace, è un continuo percorso in salita, senza tregua, senza riposo. Ed alle volte, purtroppo, senza i giusti riconoscimenti.
Ma pieno di soddisfazioni come quella di vedere intatta la propria integrità ideologica. Una coerenza tanto bistrattata da chi non possiede una dimensione e fa dell'opportunismo la propria bandiera.
Storace, nel suo percorso politico, ne ha viste di bandiere mutare. Prima quella "fiammata" di MSI, quando si parlava di "Orgoglio patriottico", di "Tutela del popolo", di "IDENTITA' NAZIONALE" senza indugiare in inopportune indecisioni o troppo opportuni ripensamenti. Quando ancora si parlava la lingua missina, quando c'era profonda autocritica, ma, anche, giusto riconoscimento alla verità storica ed ai valori universali, quando si tuonava contro l'indecenza e la faziosità dei "facili giudici". Il Movimento Sociale di Almirante dei "combattiamo", del "non rinnegare, non restaurare", dell'esporsi in prima persona, testa alta, ai giudizi ed alle critiche, ma con uno sguardo all'inevitabile evoluzione sociale (e il passaggio di consegne ad un moderato Gianfranco Fini ne fù la prova). Poi il ricambio, il Movimento Sociale muta in Alleanza Nazionale, assumendo caratteristiche di innovamento e progresso. Una nuova bandiera, insomma, che pur tenendo in mostra la Fiamma tricolore non riesce, nel tempo, ad ottemperare alle motivazioni e le spinte che le diedero i natali. Un partito che non è più se stesso e che fa malamente i conti con il tradimento degli ideali , che svende la propria identità pur di accaparrarsi una blanda presenza al governo.
Qui Storace non ci stà, in questo momento rifiuta una bandiera non più sua e si distacca , dopo essersi invano battuto contro le decisioni autolesioniste e populiste di chi ha incrinato e sfaldato le fondamenta della Destra, all'allegro fischiettare di libertà paventata ed inopportuni ripensamenti. Francesco Storace si distanzia dalla svendita degli ideali, rinunciando all'agio di una via battuta dall'ipocrisie, e crea un nuovo partito, rispondendo a chi non ha residenza intellettuale in una destra alla deriva centrista. Una "casa politica" per coloro i quali i sentimenti di orgoglio e dignità, di Nazione e Stato restano tali solo se coerenti a se stessi.
Nasce quindi LA DESTRA, un partito che fà delle proprie battaglie sociali, la maggiore forza. Una sfida forte, difficile ma possibile. Un partito che ieri ha riunito i suoi iscritti per la Seconda Conferenza nazionale, ribadendo i punti saldi ed indiscutibili: Moralità, politiche sociali, identità, valori portanti,tradizione, carattere, orgoglio nazionale, parlando di condivisione con i partiti di governo, ma mai di sudditanza. Una vera identificazione per la Destra, che farà strada, e tanta. Se pure in salita.
Tra cambi d'opinione e scandali, faccendieri ed voltagabana, gli opportunisti, i loschi, i moderati senza idee, i fintimoralisti, tra tutti coloro che schiacciano con i piedi la dignità di essere italiano, una voce differente. Si può opinare le sue idee, si possono non condividere le scelte o le visioni politiche, ma nessuno può confutare la linearità e la coerenza della carriera di Francesco Storace, segretario nazionale di La Destra, giornalista, uomo politico, italiano.

giovedì 5 novembre 2009

Parola di "miscredente"...



La Corte di Strasburgo dice no al crocefisso in classe.

La sensazione è quella di un film già visto, uno di quelli dei quali si conoscono trama e dialoghi. Strasburgo, ancora una volta, non manca di "bacchettare" l'Italia senza porre attenzione alla contestualizzazione delle proprie affermazioni.
Troppe volte, Strasburgo, biasima e critica il nostro Paese per scelte di diritto a nostro unico appannaggio ma, pare, non di loro gradimento.
La proposta di identificazione dei Rom, la "linea dura" sull'immigrazione clandestina, il rimpatrio di sospetti terroristi, al 41 bis (carcere duro ai condannati per associazione criminale) ritenuto "sprezzante dei diritti dell'uomo", ai risarcimenti peculiari a condannati (anche ergastolani)per le "condizioni carcerarie disumane".
Anche ieri, la Corte di Strasburgo ha "partorito" una nuova creatura: via i crocefissi dalle scuole e dai luoghi pubblici. Interessanti le motivazioni "addobbate" di stupendo significato, piena equità, moralita e grande laicismo, peccato però che completamente glabre di sensibilità alla tradizione culturale del nostro Paese e, diciamocelo, pesantemente invadenti. Personalmente, se pure agnostico, non ricordo l'invadenza dittatoriale del simbolo cattolico cristiano posto, solitario, alle pareti degli istituti scolastici che ho frequentato. E neanche ho ricordo di lamentele o dimostranze contro una pseudo-prevaricazione educazionale apportate dalla presenza dei vari Santi, Santini e Madonne affisse, a discapito dell'educazione mia o dei miei, allora, colleghi di studio.
Ad esser sincero, invece, trovo che il valore stesso delle effigi religiose sia divenuto una presenza indifferente, naturale conseguenza della mancanza di u programma serio di formazione culturale alle religioni, un oggetto d'arredamento del quale, quasi, non ci si chiede il significato.
La vera protesta, invece, è insita nel principio di salvaguardia delle tradizioni e delle culture nazionali, insidiate dal tentativo di appiattimento intellettuale europeo. Le continue ingerenze nei costumi delle Nazioni, motivate dal progresso, dall'evoluzione, stanno saccheggiando il "carattere" stesso degli Stati portando ad un conformismo insano. Oggi il crocefisso, ieri la mozzarella di bufala e il pecorino di fossa. Domani forse i nostri dialetti.
Poi? L'inno nazionale sarà abbastanza europeista e laico?